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La misurazione delle performance dei cosiddetti “lavoratori della conoscenza” (o Knowledge Workers), definizione che spunta alla fine degli anni ’50, è da anni tema di studio.

Chi sono i lavoratori della conoscenza?

Peter Drucker nel ‘59 ha definito i Knowledge Workers come lavoratori di alto livello che applicano le conoscenze teoriche e analitiche per sviluppare prodotti e servizi. 

Sono i professionisti che si occupano di pianificazione, acquisizione, ricerca, analisi, organizzazione, conservazione, programmazione, marketing, problem solving, strategia, creatività, innovazione…

Un’indagine pubblicata sull’Harvard Business Review nel 2013 da Julian Birkinshaw e Jordan Cohen (“Make Time for the Work That Matters”) su come i lavoratori della conoscenza possano diventare più produttivi, ha messo in luce la necessità di eliminare o delegare compiti non importanti e sostituirli con altri a valore aggiunto.

Ma non solo: i Knowledge Workers possono rendersi più produttivi pensando consapevolmente a come trascorrono il loro tempo, decidere quali compiti sono più importanti per loro e per le loro organizzazioni, e abbandonare o esternalizzare in modo creativo il resto.

La pandemia che ha colpito il mondo a partire da gennaio 2020, ha obbligato molte organizzazioni a sviluppare nuovi modi di lavorare. Ma in che modo questo ha influito sulla redditività delle persone?

Sulla falsa riga della stessa analisi, Julian Birkinshaw, Jordan Cohen e Pawel Stach hanno da poco riproposto sull’HBR una ricerca sulla misurazione delle performance dei lavoratori della conoscenza (“Research: Knowledge Workers Are More Productive from Home”).

Questi i punti chiave che sono emersi dallo studio:

– Il lockdown ci aiuta a concentrarci sul lavoro che conta davvero. Dedichiamo il 12% di tempo in meno a riunioni di grandi dimensioni e il 9% di tempo in più a interagire con clienti e partner esterni.

– Lo smart working ci aiuta ad assumerci la responsabilità dei nostri programmi. Facciamo il 50% in più di attività per scelta personale – perché le consideriamo importanti – e la metà perché qualcun altro ce l’ha chiesto.

– Durante il lockdown, consideriamo il nostro lavoro più proficuo. Valutiamo le cose che facciamo come preziose per il nostro datore di lavoro e per noi stessi. Il numero di attività classificate come noiose scende dal 27% al 12% e il numero che potremmo prontamente trasferire ad altri scende dal 41% al 27%.

In sintesi, ci spiega l’articolo, il lockdown è stato positivo per la produttività dei Knowledge Workers a breve termine. Ma ha anche creato alcune preoccupazioni e sfide circa l’efficacia, la creatività e la resilienza personale a lungo termine. 

L’isolamento ha senza dubbio aiutato molti a concentrarsi e ad assumersi maggiori responsabilità, ma si è portato con sé alcune sfide e punti critici da non trascurare: dal monitoraggio del tempo dedicato alle attività, alle difficoltà dell’iniziare progetti nuovi senza la possibilità d’incontrarsi di persona, alla gestione delle risorse all’interno di un team.

Infine, alcuni degli intervistati coinvolti nello studio, hanno espresso preoccupazione per il proprio sviluppo. Il tempo dedicato all’autoeducazione è aumentato durante il lockdown, grazie ai numerosi webinar online e alla frequenza ai corsi, che aiutano indubbiamente a costruire la conoscenza ma non incoraggiano la sperimentazione attiva e la riflessione personale che ci aiutano a crescere davvero.

Per molti il nuovo modo di lavorare a distanza proseguirà per parecchio tempo. 

La sfida delle organizzazioni sarà, quindi, quella di trasformare difficoltà e ostacoli emersi – nonostante uno scenario generale positivo e produttivo – in opportunità di cambiamento, offrendo nuovi strumenti e modelli organizzativi più adeguati.

Per raggiungere questo risultato potrebbe diventare necessario attivare un programma di attività strategiche e multidisciplinari, volte sia al benessere organizzativo dell’azienda, sia al benessere e all’empowerment dei lavoratori. 

Occorre costruire conoscenza a livello tecnico – quindi degli strumenti – e a livello strategico/manageriale, quindi legata ai processi e ai flussi di lavoro più efficaci. 

Contestualmente, occorre anche offrire l’opportunità alle Persone che costituiscono l’azienda di continuare a formarsi ma con visione, con percorsi strutturati che permettano un’immediata sperimentazione delle nuove conoscenze/capacità acquisite, al fine di sentirsi rapidamente valorizzati e in grado di migliorare il proprio percorso professionale.