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In risposta alle incertezze presentate dalla pandemia da Covid-19, molte aziende e organizzazioni stanno chiedendo ai propri lavoratori di lavorare da casa. Si può affermare che questa tendenza stia riguardando un po’ tutti i Paesi maggiormente colpiti, tra cui l’Italia. Alcune realtà sono già abituate al lavoro in remoto, ma per molti si tratta della prima volta.

Per la maggior parte dei lavoratori italiani, l’approccio allo smart working è avvenuto all’improvviso, in risposta a un’emergenza che non ha permesso di stabilire in anticipo politiche chiare e una formazione adeguata per il lavoro a distanza.

Analizziamo alcune delle difficoltà più comuni fra gli smart workers e proviamo a immaginare come un’azienda le possa gestire al meglio.

SFIDE COMUNI DEL LAVORO A DISTANZA

 

Mancanza di supervisione faccia a faccia

A tutti i livelli, emerge spesso la preoccupazione per la mancanza di interazione faccia a faccia. I supervisori temono che i dipendenti non lavorino così duramente o in modo efficiente (sebbene – come abbiamo visto in un precedente articolo – alcune ricerche indichino il contrario). Molti dipendenti, d’altra parte, lottano con un accesso ridotto al supporto e alla comunicazione con il team manageriale, ritenendo che i “capi” perdano il contatto con le esigenze di ognuno e, quindi, non siano né di supporto né di aiuto nello svolgimento del lavoro.

Mancanza di accesso alle informazioni

I neoassunti sono spesso spaesati e affaticati a causa del tempo e degli sforzi necessari per individuare le informazioni dai colleghi. Anche ottenere risposte a semplici domande può, purtroppo, diventare una corsa ad ostacoli.

Questo fenomeno si estende anche alla sfera relazionale e allo scambio interpersonale con gli altri colleghi. La mancanza di approfondimento nella conoscenza reciproca tra i lavoratori a distanza si traduce spesso  in una minore disponibilità a concedere ai colleghi il beneficio del dubbio in situazioni difficili. Per fare un esempio, se si ha sotto gli occhi, in ufficio, che un collega sta attraversando una brutta giornata, si ha più disponibilità a interpretare un’e-mail brusca come un prodotto naturale del suo stress. Tuttavia, se si riceve questa e-mail da un collaboratore in remoto, senza comprendere le sue circostanze attuali, è più probabile che ci si offenda o si metta in dubbio la professionalità del collega.

Isolamento sociale

La solitudine è una delle lamentele più comuni nel lavoro a distanza. Nel breve periodo tendono a esserne vittime soprattutto gli estroversi, ma, nel lungo, l’isolamento può far sì che qualsiasi lavoratore perda il senso di appartenenza alla propria organizzazione e può persino portare a una maggiore intenzione di lasciare l’azienda. 

Distrazioni a casa

Si vedono girare spesso foto di genitori che tengono in braccio un bambino e digitano su un laptop, spesso seduti su un divano o sul pavimento del soggiorno. In realtà, questa non è certo la miglior rappresentazione di un lavoro virtuale efficace. Un’adeguata assistenza all’infanzia e uno spazio in casa dedicato al lavoro sarebbero, naturalmente, le soluzioni migliori. Tuttavia, nel caso di una transizione improvvisa al lavoro in remoto o di una generica impossibilità di gestire una simile situazione, è necessario che ci sia condivisione e consapevolezza anche da parte dei supervisori, così che si trovi congiuntamente una modalità di lavoro e di interazione compatibili con la condizione specifica del lavoratore.

COME I MANAGER POSSONO SUPPORTARE I LAVORATORI IN SMART WORKING?

Stabilire check-in giornalieri strutturati

Programmare degli scambi costanti e cadenzati con i lavoratori è sicuramente una buona pratica. Potrebbe trattarsi di una serie di chiamate one to one, se i lavoratori hanno tasks indipendenti, oppure di una chiamata al team, se il loro lavoro è altamente collaborativo. La caratteristica importante è che le chiamate siano regolari, programmate e che siano soprattutto efficaci e risolutive per tutti.

Fornire diverse opzioni di strumenti per comunicazione

La sola posta elettronica non è sufficiente. C’è un indiscutibile vantaggio nell’avere un ecosistema tecnologico “più ricco”. La videoconferenza, per esempio, presenta molti vantaggi, soprattutto per i gruppi più piccoli: i segnali visivi consentono una maggiore conoscenza reciproca dei colleghi e aiutano anche a ridurre il senso di isolamento tra i team. Il video è anche particolarmente utile per conversazioni complesse o delicate, poiché è sicuramente più personale della comunicazione scritta o solo audio.

In altre circostanze in cui la collaborazione rapida e immediata è più importante dei dettagli visivi, strumenti come Slack, Zoom, Microsoft Teams e simili possono essere più comodi e adeguati. La possibilità di attivare una messaggistica sia individuale che in gruppo agevola, inoltre, conversazioni più semplici e meno formali.

È necessario, comunque, fare attenzione e non abusare degli strumenti video, che possono risultare comunque invadenti e spezzare focus e concentrazione. Può rivelarsi utile tenere tutti gli scambi informativi – che non necessitino di interazione in tempo reale – su canali asincroni quali chat, oppure strumenti come Slack, Mattermost; oppure ancora strumenti di condivisione documenti, come Google Drive o Atlassian Confluence.

Può essere prezioso – per il lavoro in team ma anche per acquisire, come singoli, abitudini di conversazione “con se stessi” – compilare a fine giornata un journal con ciò che si è fatto. La scelta del formato del journal può essere lasciato all’individuo e può essere una narrazione, una checklist, una kanban board.

Stabilire “regole di impegno”

Il lavoro a distanza diventa più efficiente e soddisfacente quando si stabiliscono e chiariscono le aspettative sulla frequenza, i mezzi e la tempistica ideale della comunicazione con il team. Ad esempio, si può definire di usare la videoconferenza per le riunioni di check giornaliere, ma di passare alla messaggistica istantanea quando qualcosa è urgente. Inoltre, se possibile, è utile che tutti i componenti di un team siano a conoscenza del ​​modo e il tempo migliori per contattarsi durante la giornata lavorativa.

Queste “regole” sarebbero da fissare sin da subito, perché costituiscono la base per una buona e serena collaborazione. Può essere utile, inoltre, a cadenze regolari, discuterne ed eventualmente ridefinirle.

Creare opportunità per l’interazione sociale a distanza

Uno step essenziale che un team leader può intraprendere è strutturare i modi in cui i dipendenti possono interagire socialmente (ovvero, avere conversazioni informali su argomenti non lavorativi) mentre lavorano a distanza. Questo vale per tutti gli smart workers, ma in particolare per i lavoratori che sono stati bruscamente costretti a operare in remoto. Il modo più semplice per stabilire alcune interazioni sociali di base è lasciare un po ‘di tempo all’inizio delle chiamate del team solo per gli argomenti non di lavoro (ad esempio, “Com’è stato il tuo fine settimana?”). 

Altre opzioni includono pizza party virtuali (in cui la pizza viene consegnata a tutti i membri del team al momento di una videoconferenza) o feste in ufficio virtuali, in cui è possibile inviare in anticipo “party kit” da aprire e gustare insieme a distanza. Sebbene questi tipi di eventi possano sembrare artificiali o forzati, aiutano realmente a ridurre il sentimento di isolamento, promuovendo un senso di appartenenza.

Offrire incoraggiamento e supporto emotivo

Soprattutto nel contesto di un brusco passaggio al lavoro a distanza, è importante che i team leader riconoscano lo stress, ascoltino le ansie e le preoccupazioni dei lavoratori ed entrino in empatia con le loro sfide. Se un collaboratore sta chiaramente faticando, ma non comunica esplicitamente stress o ansia, chiedere interessarsi in modo diretto potrebbe aiutare ad aprire un canale di comunicazione. 

Inoltre, parlando di intelligenza emotiva e di “contagio emotivo”, è bene essere consapevoli che molti lavoratori cercano nei loro manager spunti su come reagire a cambiamenti improvvisi o situazioni di crisi. Se un manager comunica stress e impotenza, probabilmente accadrà quello che Daniel Goleman chiama un “effetto a cascata” sui dipendenti. 

Creare un team coeso a un livello anche più intimo rispetto alla pura dimensione professionale, aiuta a sentirsi parte di un gruppo, a percepire il supporto degli altri e, dunque, ad accettare le sfide con maggior positività, concentrazione e consapevolezza. 

È indubbio che un’azienda o un’organizzazione non può demandare ai singoli team leader la responsabilità di strutturare una modalità efficace di smart working. Il movimento e l’impegno devono essere condivisi: occorre costruire e seguire una strategia che rappresenti la purpose e i valori in cui l’azienda si identifica, serve strutturare un buon piano di comunicazione interna e bisogna comprendere fino in fondo l’importanza di un programma di corporate wellness che vada al di là della donazione di semplici (e sterili) buoni sconto per palestre o centri di yoga. 

Il monitoraggio e la cura del benessere dei lavoratori, in una condizione nuova di smart working massiccio e prolungato, diventano sempre più imprescindibili per le aziende, sia a livello produttivo, che a livello di reputazione, al fine di attrarre nuovi Talenti e creare un ecosistema in grado di coltivare e far fiorire i propri.